sabato 4 dicembre 2010

il congiuntivo

Da domani mi metto a ripetere frasi con il congiuntivo, che mi piaccia o no.
Ecco, l'ho appena fatto. Mi piace, anche se dovrò correggerlo in tutte le cose che scriverò.
Se voglio diventare uno scrittore devo imparare a usare il congiuntivo. Certo, il congiuntivo non è necessario per vivere, ma grazie a lui si vive meglio: la vita si riempie di sfumature  e possibilità. Ed io di vita ho solo questa.

Leo in bianca come il latte rossa come il sangue 
di Alessandro D'avenia

lunedì 29 novembre 2010

"The Golden Notebook" "Il taccuino d'oro" DORIS LESSING




Ovvero: "Le parole non sono un mezzo adeguato per descrivere e capire la realtà".
Anna Wulf cerca continuamente di capire la realtà, di capirne il senso, cerca di capire il senso della sua vita di donna attraverso la descrizione scritta e parlata della realtà e di ciò che vive. La sua vita è una continua scrittura analitica di senso. Si giunge alla conclusione finale dove Anna/Doris scopre che le parole e il linguaggio sono mezzo inadeguato e limitato. Era l'unico modo per aprire un varco di senso nel quotidiano ma si scopre sempre ogni volta limitato e inadeguato.
Prova a dividersi in varie donne tentando, almeno nei suoi taccuini, a creare diverse se stessa per capire quante varianti poteva avere la sua vita, per cercare di avvicinarsi il più possibile ad una verità. Sviluppa diverse vite di donna che riprendono alcuni caratteri di Anna (per rendere l'esperimento più efficace era necessario). Ma nessuna nuova Anna si avvicina a capire la verità o un modo per essere felice a sempre. Quindi nessuna trova la soluzione che è simboleggiata dal fatto che la felicità non dura più di pochi giorni. La felicità è, nelle Anne, totalmente legata alle circostanze e questo provoca in Anne depressione e dolore. Vorrebbe comprendere un senso per staccarle almeno un po'. 
Il libro termina con infelicità, rassegnazione al non capire nulla e quindi al non essere in grado di essere felice e libera.
Il libro ha diversi piani di lettura interessanti, tutti riassumibili dai personaggi Anna con estrema libertà e chiarezza di termini. Il suo desiderio di ricerca della verità impone a tutti i personaggi Anna di essere onesta con le varie realtà che affronta, chiamando le cose sempre con il loro nome, combattendo con se stessa quando non riesce a farlo. In ogni Anna c'è onestà e semplicità rispetto alla verità della realtà. I piani affrontati sono molti, la politica (in particolare del partito comunista durante la seconda guerra e la guerra fredda), la psicologia (con le varie personalità), la sensibilità, l'amore, il bisogno di autonomia e l'individualismo,  il rapporto tra madre e figlia, il problema razziale, il non parlare del femminismo ma di donne soltanto, perché lei è donna punto senza il rischio di cadere in secondi fini ideologici. Tutto ciò è affrontato in modo analitico e realista, senza tralasciare particolari scomodi o che si contraddicono, perché vuole capire e quindi non tralascia nulla. 


venerdì 28 maggio 2010

via


lo spazio sufficiente a sopportare il peso del nostro scarpone, in un qualsiasi sentiero, in qualsiasi luogo del mondo.
quello spazio, quel punto preciso sul quale il mio piede poggia per una mia decisione, non è uguale agli altri, ma è di fondamentale importanza per proseguire verso la meta.
il sentiero è fatto di molti punti d'appoggio, ma alla fine ognuno di noi ne sceglie uno solo, come fosse il migliore, perché sa che sugli altri farebbe più fatica.
la vita è una continua ricerca di punti, dove sia più facile vivere, dove sia più facile essere felici, dove sia più facile capire il senso delle cose.
ce ne possono essere più d'uno e nel momento in cui si trovano, diventa davvero difficile e faticoso staccarsene.
perché si sa che un altro appoggio così per il proprio scarpone immediatamente non c'è e si è costretti a mettere il piede su una roccia bagnata, che fa fare fatica e magari scivolare.
questo fortunatamente non preclude il raggiungere la meta, non preclude il camminare sul sentiero e non preclude nemmeno l'essere felici e nemmeno capire il senso delle cose.


venerdì 7 maggio 2010

Il tempo dei cosmonauti

Se potessimo dare un nome a tutto ciò che accade, non ci sarebbe bisogno di storie. Il fatto è che da queste parti la vita supera il nostro vocabolario. Ci manca una parola e cosí si deve raccontare tutta la storia. Che rapporto c'era, ad esempio, tra il vecchio pastore Marius e il piccolo che Danielle portava in grembo quando lasciò il villaggio? Era il padrino del bimbo? Ne dubito.

La storia cominciò e fini nell'estate del 1982, lassú nell'alpeggio, che chiamiamo Peniel.

[...]

- Oggi sono calme, Danielle, - prosegui lui, - calme e arrendevoli, e stanno in gruppo. Non come ieri - ieri sentivano il temporale, e l'aria era piena di formiche volanti. Correvano a coda ritta. Ieri non puoi immaginare quanto erano antipatiche. E oggi sono melliflue. Dolci come il miele, Danielle.

Era l'inizio dell'estate e il prato era pieno di fiori: asfodeli, campanule, botton d'oro, arnica, colchici, primule e fiordalisi (che si dice siano le anime dei poeti).

Danielle aveva ventitre anni. Sua madre era morta e lei viveva con il vecchio padre, che aveva cinque vacche e qualche capra. Lavorava nel magazzino di una fabbrica di mobili ma nella primavera del 1982 la fabbrica era fallita, e cosí lei si era offerta di portare gli animali del padre sui monti - alla baita dove da bambina aveva passato numerose estati con la madre.

«Dove trova il coraggio di starsene lassù da sola?», si chiedeva la gente del villaggio. Ma la verità era che lei non aveva bisogno di coraggio. Quella vita le si addiceva - il silenzio, il sole, la lenta routine quotidiana. Come capita a molte persone che sono sicure di se stesse, Danielle metteva un po' soggezione. Ai balli del villaggio i ragazzi non facevano a pugni per farle da cavalieri nonostante danzasse bene e avesse fianchi larghi e piedi minuscoli. Non erano sicuri che avrebbe riso delle loro battute. E cosí dicevano che era lenta. In realtà, la sua cosiddetta lentezza era una forma di imperturbabilità. Aveva un viso largo - un po' come quello delle squaw indiane - occhi scuri, spalle ampie, polsi piccoli e mani grassocce e capaci. Era facile immaginare Danielle come madre di molti bambini - salvo che lei non sembrava avere alcuna fretta di trovarsi un uomo a far loro da padre.

[...]

John Berger

(http://www.tecalibri.info/L/LONGO-D_racconti.htm)

mercoledì 28 aprile 2010

La Crisi

La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere 'superato'.
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell'incompetenza. L' inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c'è merito. E' nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla."

(Einstein)

giovedì 1 aprile 2010

uno.

La vita scorre lenta, noiosa, quasi anonima? Nel momento in cui sembra così le soluzioni possono essere solo due: trovare la forza di lasciare ciò che stavo per così dire facendo per qualcosa che esalti il mio essere uomo fatto di carne e sangue, imparando così ad amare la vita con una slancio perpetuo o abbandonarmi definitivamente, cedere a questo oblio quotidiano, che sta evirando la mia capacità intellettiva, i miei istinti, la mia capacità di desiderare, di amare di provare in nome del nulla del niente.
Le due strade sono contrarie non opposte. Gli opposti hanno dei fattori comuni interdipendenti, i contrari no. In questo caso che lega c’è solo l’uomo, null’altro. Sono diverse per premesse, per mezzi, per fini e conseguenze. In ogni passaggio, entrambe, sono specchio della propria essenza. La prima della vita e dell’amore, la seconda del nulla e dell’odio.
La distanza è breve ma in fondo le due rimangono distinte negli uomini condizionando le proprie vite, difficilmente uno naviga attraverso entrambe, sarebbe troppo insensato, anche se per l’uomo mai niente è troppo insensato.



domenica 7 marzo 2010

Mito di Eros...


Il giorno in cui nacque Afrodite, gli dèi si radunarono per una festa in suo onore. Tra loro c'era Poros, il figlio di Metis. Dopo il banchetto, Penìa era venuta a mendicare, com'è naturale in un giorno di allegra abbondanza, e stava vicino alla porta. Poros aveva bevuto molto nettare e, un po' ubriaco, se ne andò nel giardino di Zeus e si addormentò. Penìa, nella sua povertà, ebbe l'idea di avere un figlio da Poros: così si sdraiò al suo fianco e restò incinta di Eros. Ecco perché Eros è compagno di Afrodite e suo servitore: concepito durante la festa per la nascita della dea, Eros è per natura amante della bellezza - e Afrodite è bella.

Proprio perché figlio di Poros e di Penìa, Eros [...] è sempre povero e non è affatto delicato e bello come si dice di solito, ma al contrario è rude, va a piedi nudi, è un senza-casa, dorme sempre sulla nuda terra, sotto le stelle, per strada davanti alle porte, perché ha la natura della madre e il bisogno l'accompagna sempre. D'altra parte, come suo padre, cerca sempre ciò che è bello e buono, è virile, risoluto, ardente, è un cacciatore di prim'ordine, sempre pronto a tramare inganni; desidera il sapere e sa trovare le strade per arrivare dove vuole, e così impiega nella filosofia tutto il tempo della sua vita, è un meraviglioso indovino, e ne sa di magie e di sofismi. E poi, per natura, non è né immortale né mortale. Nella stessa giornata sboccia rigoglioso alla vita e muore, poi ritorna alla vita grazie alle mille risorse che deve a suo padre, ma presto tutte le risorse fuggon via: e così non è mai povero e non è mai ricco.

Vive inoltre tra la saggezza e l'ignoranza [...]

"Ma allora chi sono i filosofi, se non sono né i sapienti né gli ignoranti?"

"E' chiaro chi sono: anche un bambino può capirlo. Sono quelli che vivono a metà tra sapienza ed ignoranza, ed Eros è uno di questi esseri. La scienza, in effetti, è tra cose più belle, e quindi Eros ama la bellezza: è quindi necessario che sia filosofo e, come tutti i filosofi, è in posizione intermedia tra i sapienti e gli ignoranti. La causa di questo è nella sua origine, perché è nato da un padre sapiente e pieno di risorse e da una madre povera tanto di conoscenze quanto di risorse.

www.ilgiardinodeipensieri.eu/testi/simposio.html

martedì 2 marzo 2010

Tutto L'universo Obbedisce All'amore

Rara la vita in due... fatta di lievi gesti,
e affetti di giornata... consistenti o no,
bisogna muoversi... come ospiti... pieni di premure
con delicata attenzione... per non disturbare
ed è in certi sguardi che... si vede l'infinito

Stridono le auto... come bisonti infuriati,
le strade sono praterie...
accanto a grattacieli assolati,
come possiamo... tenere nascosta... la nostra intesa
ed è in certi sguardi... che s'intravede l'infinito

Tutto... l'universo... obbedisce... all'amore,
come... puoi tenere... nascosto... un amore.
ed è così... che ci trattiene... nelle sue catene,
tutto... l'universo... obbedisce... all'amore

Come possiamo... tenere nascosta... la nostra intesa
ed è in certi sguardi... che si nasconde l'infinito

Tutto... l'universo... obbedisce... all'amore
come... puoi tenere... nascosto... un amore,
ed è così... che ci trattiene... nelle sue catene
tutto... l'universo... obbedisce all'amore...
(obbedisce all'amore)

Franco Battiato


video

giovedì 18 febbraio 2010

martedì 16 febbraio 2010

Proposizione 6.54


Colui che mi comprende, infine le riconosce insensate [le proposizioni], se è asceso per esse – su di esse- oltre esse. (Egli deve, per così dire, gettare via la scala dopo essere asceso su di essa.) Egli deve trascendere queste proposizioni; è allora che egli vede rettamente il mondo

Ludwig Wittgenstein

sabato 13 febbraio 2010

Karl Unterkircher




« Siamo nati e un giorno moriremo. In mezzo c’è la vita.
Io la chiamo il mistero, del quale nessuno di noi ha la chiave. Siamo nelle mani di Dio….e se ci chiama… dobbiamo andare.

Sono cosciente che l’opinione pubblica non è del mio parere, poiché se veramente non dovessimo più ritornare, sarebbero in tanti a dire: “Cosa sono andati a cercare là? … Ma chi glielo ha fatto fare? ”. Una sola cosa è certa, chi non vive la montagna, non lo saprà mai! La montagna chiama! »

('è propi vera...)

Karl Unterkircher

giovedì 11 febbraio 2010

Stasi Laconica

anche stanotte sto pensando a te (è un po' riduttivo dire"te" visto che mi vengono in mente mille cose quando ti penso), ho guardato un film e non stavo guardando il film ma stavo rapportando ogni personaggio, ogni volto al tuo, ogni storia a quello che so di te e che mi racconti di ciò che ti accade. Il film mi ha fatto piangere, e
come ogni volta che mi succede sento di avere liberato un po' di quella semplicità e ingenuità che troppo spesso sono oppressi in ognuno di noi per sembrare più veri e grandi. Ho pianto…e assaporato ancora di più la bellezza e l'amore che provo per te. Non vorrei rileggere queste parole un giorno e trovarle vuote, cioè senza quel significato che hanno per me ora, se succederà questo vorrà dire che non ti amerò più. Anche se vorrei non soffrire più, accetto il dolore, piuttosto che dover rinunciare all'amore che provo quando ti sento,ti vedo,ti penso, quando parlo di te o sento parlare di te, quando sento il mio cuore riempito sarebbe da stupidi desiderarlo di nuovo vuoto e secco. La mia testa non riesce più a tradurre in parole gli impulsi dei miei sentimenti, forse ne ho afferrato una minima parte questa
notte rendendoli prigionieri delle parole.


Corpi e Anime

Vi sono soltanto due amori: l'amore di se stessi e l'amore per le altre creature viventi.
E dietro all'amore di se stessi vi sono le sofferenze e il male.
E dietro all'amore per gli altri vi è il bene, vi è Dio.
Ogni qualvolta l'uomo ami all'infuori di se stesso, coscientemente o no, egli compie un atto di fede in Dio. Vi sono soltanto due amori, l'amore di se stessi e l'amore in Dio.

Maxence Van Der Meersch